San Prisco (CE) – Parrocchiale di S. Matrona

La storia della basilica di S. Prisco è ancor ingombra di dati privi di fondamento storico. Salvatore Masiello (2003), recuperando il testo di Francescantonio Natale (1775), ha dato una lettura molti più verosimile. La chiesa di San Prisco occupa il sito di un antico luogo di culto paleocristiano. Prisco, primo vescovo di Capua e discepolo di S. Pietro, fu sepolto lungo la via Acquaria, asse viario che seguiva il percorso di un acquedotto romano destinato ad alimentare la città di Capua antica. Già dalla seconda metà del IV secolo intorno alla sua tomba sorse un cimitero cristiano (documentato da lapidi oggi disperse ma trascritte nel XVII secolo). La leggenda, avvalorata da Michele Monaco (1630), narra che Matrona, una fanciulla vergine figlia del re di Lusitania, recatasi in pellegrinaggio sul sacello del santo, ne ritrovò le reliquie e fu miracolosamente sanata da una malattia. Per questo fondò una grande basilica nei pressi del sacello del santo, basilica poi decorata di mosaici. La vicenda, poco verosimile per più aspetti, fu fatta risalire al 506. Probabilmente, il racconto è la rielaborazione di altre agiografie messe insieme e attribuite a Matrona e Prisco. Ciò accadde a partire dal IX-X secolo, in occasione dei lavori di restauro del luogo di cult (devastati dalle truppe mercenarie islamiche nel 841). Contributo rilevante allo sviluppo della leggenda fu l’errata lettura popolare delle storie di Prisco narrate dagli affreschi commissionati dall’arcivescovo Giordano Caetani (1447-1496). Altri restauri intervennero, prima su commissione dell’arc. Costa (1572-1602) e quindi, nel 1640, dell’arc. Camillo Melzi. Nel 1763 il tavolario Pietro Lionti ampliò e ristrutturò completamente ciò che restava dell’antico edificio paleocristiano, distruggendo i mosaici residui. L’attuale chiesa è a tre navate su pilastri e conserva dell’antico edificio solo poche ma notevolissime tracce. La facciata è tripartita verticalmente da lesene coronate da capitelli ionici (in basso) e corinzi (in alto). Il timpano conclude un alzato a due livelli, divisi da una cornice. Pinnacoli piramidali e sferici completano la decorazione. Il portale, in calcare, reca nell’arcosolio la lapide commemorativa della ricostruzione del 1763. L’interno, solenne, elegante e luminosissimo, è diviso in tre navate, quella centrale molto più alta delle laterali. Le coperture sono tutte a finte volte. Le superficie verticali e delle volte sono completamente scandite da nervature e decori in stucco. In controfacciata è l’imponente cantoria lignea con l’organo (1774-76). Sulla sinistra è un ovale ad affresco (sec. XVIII) col battesimo di Cristo, coevo. La navata destra, con 4 cappelle settecentesche, termina con la cappella di S. Matrona. Ad essa si accede mediante un arco ogivale in piperno (la chiave reca lo stemma della casa angioina), forse realizzato tra il 1277 e il 1285, in occasione della ricognizione delle reliquie voluta dell’arc. Marino Filomarino (1252-1285). La cappella, a pianta quadrata, ha una volta a crociera, sorretta da 4 capitelli corinzi su colonne (tutto di spoglio). La volta e tre delle lunette conservano bellissimi mosaici (seconda metà del V secolo) su fondo azzurro raffiguranti il Cristo e i simboli isidoriani degli Evangelisti. Una ricchissima decorazione racemi di vite, festoni di foglie con frutti e palme, popolati da uccelli. L’altare è costituito da una grande vasca antica di marmo giallo, sacello della martire Matrona. L’altare maggiore è in marmi policromi (1785). Sopravvissuta al grande rifacimento del 1763 è la cappella del Rosario, di impianto tardomanieristico (forse commissionata dall’arc. Melzi, 16d0), dalla bella cupola (finestre con cornici in piperno), completamente ricoperta di lussureggianti stucchi barocchi (in origine dorati), con macchina lignea d’altare col dipinto centrale (che circonda la nicchia) ma priva dei dipinti dei misteri del Rosario. La prima cappella, da cui si accedeva al Monte dei Morti conserva la tela “Madonna col Bambino e le anime del Purgatorio” di Paolo de Majo e alcune maioliche settecentesche. Isolato sulla destra della facciata è il campanile, a 4 livelli (l’ultimo ottagono) coronato da una copertura a bulbo, a tegole policrome.

Testo: Pietro Di Lorenzo