San Prisco (CE) – Mausoleo “Carceri Vecchie”

Il mausoleo delle Carceri Vecchie è così denominato perché secondo la tradizione popolare era ritenuto il carcere dei gladiatori dell’Anfiteatro Campano. L’edificio è ciò che resta di un sepolcro di età imperiale (I secolo d.C.), originariamente costruito appena fuori le mura di Capua Antica, lungo l’Appia nel tratto che conduceva verso Calatia e poi Benevento. Come dimostrato da rappresentazioni databili ai primi decenni del XIX secolo (palazzo Buonpane, Casapulla), da almeno due secoli si presenta interrato rispetto al piano stradale perché l’asse viario si è innalzato a causa del sovrapporsi dei rivestimenti pavimentali. Ha pianta è di forma ellittica con l’asse maggiore ortogonale all’asse viario. L’alzato è impostato su un largo basamento in cocciopesto, delimitato da blocchi di tufo. Il primo livello del monumento è in opera reticolata: la sua superficie laterale è decorata da colonne, poggianti su plinti, con capitelli tuscanici; alternate con esse (salvo nei due vani di accesso) sono disposte nicchie a pianta rettangolare e semicircolare alternate. Il secondo livello, della stessa forma ma di dimensioni minori, è conservato solo parzialmente, privo di decorazioni e senza la copertura originaria. Verso la metà del XIX, sul fronte verso la via Appia fu costruita la chiesetta della Madonna della Libera che riutilizzò ed ostruì l’antico ingresso al mausoleo. All’interno, con accesso dal lato opposto alla strada, è un corridoio curvilineo che si snoda lungo il perimetro; è coperto con volta a botte e al suo interno sono le scale che conducevano al piano superiore. Ostruito l’antico ingresso con la costruzione della chiesetta, l’odierno accesso alla camera sepolcrale centrale avviene mediante l’apertura ricavata sul lato del mausoleo. La camera ha pianta a croce greca ed è coperta con volta a crociera al centro (maggiormente sviluppato in altezza rispetto ai bracci) e volte a botte ai lati. Interessantissimi e preziosi i pochi resti delle antiche decorazioni pittoriche ed a stucco. Dal braccio posto in asse con la chiesetta, attraverso una botola posta nel pavimento, si accede ad una camera sepolcrale ipogea.

Testo: Pietro Di Lorenzo