San Felice a Cancello (CE) – Chiesa di S. Giovanni Evangelista

Il territorio della Valle di Suessola ha svolto un ruolo strategico nel controllo delle vie di comunicazione tra la Campania Felix (la regione esterna e pianeggiante) e i monti dell’Appennino, fin dalla preistoria. Anche durante il medioevo, l’importanza di tale funzione non sfuggì a Giovanni, abate dell’Abbazia Benedettina di Montevergine. Infatti, egli ottenne, con bolla del 22 maggio del 1239 di Giovanni IV, vescovo di Sant’Agata de’ Goti, la facoltà di fondare una chiesa e un convento, comprensivo di camposanto, al di fuori dell’abitato della Terra (cioè dell’attuale Arienzo), ai piedi della strada che conduce ancor oggi al santuario di S. Angelo a Palombara (di fondazione longobarda, 879, affidata ai Benedettini di S. Sofia di Benevento) e del castello di Arienzo. Fu la premessa alla nascita di quei casali che crebbero per cinque secoli tra il castello di Arienzo e quello di Cancello e che ottennero di costituirsi in Università dei “Sei casali di Arienzo” nel 1791. La chiesa ed il convento furono più volte rimaneggiati nel corso dei secoli, ospitando anche cappelle e titoli parrocchiali di chiese nel frattempo scomparse. Nel 1728, l’Abate Giannuzzi costruì l’attuale chiesa, utilizzando la precedente chiesetta del convento nell’attuale presbiterio. Nel 1748 l’abate Rossi ingrandì il convento. Alla soppressione degli ordini del 1806, la chiesa e il convento furono abbandonati e devastati. Nel 1811 i reverendi Domenico Cutillo (che ne aveva acquistato la proprietà dal Demanio nello stesso anno) e Alessandro Capobianco (che alla morte vi legò i suoi beni), con le offerte dei fedeli, restaurarono e riaprirono chiesa e monastero, tanto che nel 1816 vi fu eretta la Congrega Laicale del Cuore di Gesù. Il 29 settembre 1854 i Padri Barnabiti la ottennero e vi fissarono il Noviziato e lo Studentato. La facciata è ritmata da una coppia di lesene doppie, ha sul portale d’ingresso una statua in stucco di S. Giovanni Evangelista e più in alto l’emblema dei Barnabiti. L’interno a croce greca, coperto da cupola emisferica, è completamente ricoperto di stucchi, particolarmente interessanti nel disegno delle cornici dei bracci laterali. L’altare maggiore, in marmi policromi, è attribuito a Giuseppe Sammartino; quelli laterali sono neoclassici (prima meta XIX sec.). Tra le tele si segnalano quelle di S. Carlo Borromeo (sec. XVIII), di S. Giovanni e di S. Antonio Maria Zaccaria, fondatore dei Barnabiti (sec. XIX).

Testo: Pietro Di Lorenzo