Fontegreca (CE) – Cipressetta “Li Zappini”

Il cipresso mediterraneo (cupressus sempervirens) è una conifera sempreverde della famiglia delle cipressacee, originaria dell’Asia Minore e del Vicino Oriente settentrionale; forse diede il nome all’isola di Cipro. Secondo Plinio il Vecchio il cipresso germogliava spontaneamente dal proprio tronco o dalle radici a Creta; portato a Taranto, da qui si diffuse in Italia dove ugualmente cresceva spontaneo. Narra Ovidio nelle Metamorfosi (libo X) che Ciparisso, un giovinetto amato dal dio Apollo, ebbe in dono dal dio un cervo cui si affezionò. Quando, per errore, colpì con un giavellotto l’animale, Ciparisso chiese ad Apollo di poter piangerlo in eterno: Apollo esaudì l’amato trasformandolo in cipresso, l’albero la cui resina forma numerose gocce a forma di lacrime sul tronco. Il mito è una replica variata di quello di Apollo e Giacinto. Il bosco di cipressi sacro ad Apollo era a Dafne, sobborgo di Antiochia. Albero sacro sin dallo zoroastrismo, associato al lutto ed al culto dei morti anche nelle civiltà greca, etrusca e latina, ha mantenuto tale ruolo nella civiltà cristiana. In effetti, l’uso nelle aree cimiteriali offre il vantaggio di uno sviluppo radicale a fuso (quindi in profondità piuttosto che in estensione superficiale) che non disturba le sepolture. Elemento arboreo proprio del paesaggio toscano, dove è principalmente piantumato dall’uomo, nel caso di Fontegreca nella località “li Zappini”, circa 400 m slm, appare in una associazione probabilmente interamente spontanea o forse di piantagione romana, sicuramente plurisecolare. Infatti, le prime notizie storiche della Cipresseta risalgono al 1506 (usi civici di Fossaceca, nome del comune prima del 1862); fu citata da Giovan Vincenzo Ciarlanti nelle “Memorie historiche del Sannio” (1644) e fu oggetto di studio dalla Accademia dei Georgofili (notizia bibliografica non verificata). La Cipresseta si estende per circa 30 ettari, tra balze calcaree pinnacolari (ben evidenziate da Nicola Pilla, 1823) ai piedi del colle del castello normanno, alle pendici del Matese nella valle sorgiva del Sava che poco più a monte emerge dal suo percorso sotterraneo. Negli anftratti naturali esistenti nei pressi pare sin dall’VIII secolo si sviluppò un cenobio eremitico. Il seicentesco santuario della Madonna, a tre navate e con resti di decorazioni tardobarocche (tela con san Michele e stucchi), ereditò il culto mariano della vicina grotta.

Testo: Pietro Di Lorenzo