Caserta, Piedimonte (CE) – Abbazia di San Pietro ad Montes

La basilica di San Pietro ad Montes è ciò che resta di un’ampia abbazia benedettina, sorta in prossimità di una sorgente d’acqua, oggi scomparsa. Una tradizione locale (oggi ritenuta falsa degli studiosi) vuole che, come quella il complesso di Sant’Angelo in Formis, la chiesa dell’abbazia appoggi le basi sul podio di un tempio di età antica dedicato a Giove Tifatino. In effetti, i resti del tempio sono stati ritrovati in altro luogo, nei pressi di Casagiove: è comunque possibile che da esso derivino i materiali di spoglio presenti nella basilica.

La prima notizia certa sul complesso monastico risale alla donazione del 1139 di Nicola Frainella, signore di Caserta (Tescione, 1987). Ma l’analisi delle strutture (pianta a 3 navate concluse da absidi, senza transetto, facciata a doppio spiovente, iconografia e stile degli affreschi etc.) induce a supporre che la chiesa sia stata eretta entro la fine dell’XI secolo. I massi calcarei affioranti dalle pendici del monte condizionarono lo sviluppo del complesso, asimmetrico nella distribuzione planimetrica. La facciata della chiesa si apre su piccolo cortile interno. Una erta gradinata conduce al portico del XIII di cui sopravvivono in prospetto 3 ampie arcate ghierate, in tufo, e che presenta 5 campate voltate a crociera. Al di sopra del portico è la facciata della navata principale, aperta da 3 monofore. Il portale di accesso alla basilica, molto simile a quello di S. Angelo in Formis, reca l’iscrizione che invoca la protezione di san Pietro: l’apostolo è affrescato nella soprastante lunetta, coeva al portico. L’interno è diviso in tre navate separate tra loro da 12 colonne di spoglio di epoca romana, con capitelli di spoglio, che sorreggono archi a a pieno sesto; il pavimento è in evidente salita verso le absidi cieche, incassate nella roccia, e in origine affrescate. Molti i frammenti di affreschi databili agli ultimi anni dell’XI secolo che narrano episodi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento: essi riprendono lo stesso programma iconografico sviluppato in S. Angelo in Formis, con strette affinità stilistiche: ancora leggibili quelli sulla parete Ovest della navata maggiore, in controfacciata (giudizio universale) e sui muri delle navate laterali. Affreschi della fine del XIV sono sulle parete esterne del portico e alcuni affreschi rinascimentali sono sulle pareti della navata orientale. Il poderoso campanile, anch’esso in tufo e con materiali di spoglio, conserva ancora il carattere difensivo originario: bellissimo in capitello della bifora meridionale (forse sec. XIII). Il complesso, concesso in commenda intorno al 1435, risorse brevemente per opera dei Padri della Congregazione della Dottrina Cristiana, chiamati dall’abate commendatario Tommaso Ruffo nel 1730. Nel 1795 fu riconosciuta di Regio Patronato e i suoi beni furono incorporati nella Reale Amministrazione di San Leucio.
Testo: Pietro Di Lorenzo, 2005 (revisione 2021)