Casertavecchia (CE) – Piazza e Borgo

La piazza del borgo di “Casahirta” (nome con cui il centro appare nei documenti più antichi) è il fulcro urbanistico, sociale e culturale dell’insediamento fortificato ai piedi del monte Virgo. Il borgo nacque intorno al castrum (sec. IX), di cui si riconoscono le tracce nell’attuale castello, posto sulla cima più alta e difendibile del colle, ma non troppo lontano dalla pianura e con una preminenza su questa che lo rendeva perfettamente visibile e, nel contempo, gli restituiva una importantissima funzione di controllo della piana. Probabilmente poco dopo o contemporaneamente sorse una chiesa, poi sostituita dall’odierna cattedrale: lo slargo-sagrato ad essa antistante fu il nucleo generatore della piazza. Ma, per sua stessa natura, una piazza si sviluppa e matura solo col sovrapporsi e col consolidarsi di ruoli, funzioni e poteri. E così, è con la fondazione dell’attuale cattedrale (1113), polo alternativo al castello dei conti, che si concretizzarono le premesse politiche, sociali e culturali per la creazione dello spazio urbano per eccellenza del borgo, nel frattempo cinto di mura. In età normanna, la contea di Caserta fu tra le maggiori del regno di Sicilia. La piazza fu lo specchio di tale prestigio: infatti, come gli storici ipotizzano, vi sorsero (sul lato verso ovest) la chiesa ed il monastero femminile di S. Giacomo, oggi scomparso, e, sul lato sud, il palazzo dei vescovi, tradizionalmente oggi identificato con l’edificio appena ingentilito da archi gotici. La piazza era il traguardo simbolico della strada che, ancor oggi come allora, serve tutto il borgo e collega il castello alla cattedrale. Unico asse di transito dell’insediamento, la strada attraversa tangenzialmente la piazza, sottopassando l’imponente torre campanaria (completata nel 1234), grazie ad un solenne arco acuto (gotico ma voltato a lacunari come un arco trionfale romano). La lunga contesa dinastica per il trono di Napoli, tra Angiò e Durazzo, e i mutati scenari socio-politici del Regno, già dal secolo XV imposero una decadenza demografica e politica a Casahirta, lenta ma inesorabile. L’abitudine dei conti (dal XV secolo) e persino del vescovo (dal XVI sec.) di risiedere nei casali in pianura decretarono la lenta agonia della piazza. Essa, via via svuotata di funzioni concrete, divenne il teatro di pietra del solo potere ecclesiastico, immagine di una diocesi, quella casertana, piccola e di nessun conto nelle vicende della Chiesa. Ciò si realizzò nei decenni iniziali del XVII secolo, con il raggiungimento della configurazione attuale, con la chiusura palaziata sul lato a settentrione costituito dalla canonica e dal seminario diocesano (notare le interessanti finestre con ornie in piperno e l’arco di accesso al cortile, sfondo della strada secondaria che giunge alla piazza in senso ortogonale). La costruzione della reggia vanvitelliana diede il colpo di grazia alla vita del borgo e della piazza. Il trasferimento nel 1842 della sede vescovile nella Caserta nel piano ne decretò la morte, fotografando e tramandando ai posteri un complesso urbano e il suo centro vitale, praticamente immutati da secoli.

Testo: Pietro Di Lorenzo