Sant’ Agata de’ Goti (BN) – Chiesa di S. Menna

Le vicende della vita di S. Menna e dei miracoli compiuti ci sono note grazie all’agiografia scritta, per incarico di Roberto I Quarrel (Drengot), conte di Alife, Caiazzo e Sant’Agata, da Leone (sec. XII), monaco a Montecassino e poi vescovo della diocesi marsicana. Proprio grazie all’azione di Roberto I (mosso dai suggerimenti degli abati di S. Sofia a Benevento e di S. Lupo), nel 1093 furono ritrovate le spoglie di Menna, un eremita vissuto nel VI sul Taburno (se ne celebra la memoria l’11 novembre). Le reliquie furono traslate in Caiazzo e, nel 1105 a Sant’Agata, prima nella cappella comitale nel castello, poi nella chiesa appositamente costruita per volontà di Roberto I e consacrata nel 1110 dal Papa Pasquale II (come attesta l’iscrizione della facciata). La chiesa di S. Menna è uno dei più importanti e completi esempi di romanico in Campania, anche in virtù del suo stato attuale di conservazione. Infatti, tranne la scalea di accesso, il portico che la copre e il campanile a vela soprastante, poche sono le modifiche apportate all’edificio. Sul portico si apre l’unico portale, arricchito da lunetta e archivolto, datato 1118, tra i migliori esempi di scultura degli inizi del sec. XII (da notare le belle protomi feline). L’interno, illuminato da strette monofore, è basilicale, a tre navate, coperte da capriate e concluse da absidi semicircolari. Nel complesso l’edificio si richiama a modelli cassiniati, mentre di ambito tipicamente pugliese (vedi l’esempio della Basilica di S. Nicola in Bari) è la soluzione di mascherare la curvatura esterna degli absidi con una parete continua rettilinea. Le navate sono scandite da una doppia fila di cinque colonne, tutte di spoglio, sulle quali poggiano i capitelli (alcuni antichi altri medievali). Il presbiterio e i vani absidali sono sopraelevati ma non vi è traccia di una cripta. Elementi di eccezionale rilevanza, sia per la bellezza sia per lo stato di conservazione e di completezza, sono il pavimento in opus “alexandinum”, esteso a gran parte della chiesa, e le transenne della “schola cantorum” (quest’ultime anche con inserti di mosaico), antistanti il presbiterio.

Testo: Pietro Di Lorenzo