Maddaloni (CE) – Convitto “Giordano Bruno” e Convento di S. Francesco

Quando con la soppressione del 1807, emanata da Giuseppe Bonaparte ed applicata da Murat l’anno dopo, molti dei Conventi del Regno di Napoli furono acquisiti ad un uso diverso, invece della sciagurata soluzione dell’abbandono (assai comune) o del rischioso uso militare (ad esempio di molti conventi capuani), il convento di Maddaloni incontrò la sorte ben più felice dell’istituzione di un Convitto nazionale per l’istruzione dei giovani del Regno. Con la Restaurazione Borbonica, la scuola fu affidata ai Padri Scolopi, e solo nel 1865 ebbe l’attuale titolazione. Riprendendo l’antica tradizione culturale del cenobio francescano (dal quale erano usciti diversi letterati, umanisti e alcuni vescovi di Caserta), tra i più illustri studenti del Convitto fu Luigi Settembrini, ivi dal 1821 l 827. E’ però il caso di riprendere la storia anche dell’intero complesso.

Il passaggio di Francesco di Assisi, nel 1220, proveniente dal Pellegrinaggio in Terra Santa, fu l’occasione per il sorgere, o l’affermarsi, della presenza del suo ordine nell’Italia Meridionale. ma se la sosta capuana è documentata, sulla presenza del Poverello in Maddaloni, esistono solo testimonianze documentali indirette. Nel 1217 esisteva comunque una comunità, probabilmente un romitaggio estremamente semplice e di assoluta inconsistenza architettonica (probabilmente pochi ambienti costruiti con legno e fango). L’originaria ubicazione del ritiro è dalla tradizione orale individuata nella 5a cappella di sinistra. La attuale chiesa, e l’attiguo convento, furono probabilmente realizzati nel corso del secolo XV su patronato della famiglia Quintavalle. Di quella originaria struttura nulla oggi è però visibile. Un primo rinnovamento, in ossequio ai canoni controriformistici, dovè avvenire post 1548, ma l’attuale aspetto della chiesa e del convento risale al 1733, anno in cui il vescovo di Caserta, Giuseppe Schinosi, intervenne ad imporre una particolare benedizione. La chiesa, a navata unica con cappelle laterali e transetto, ha una semplice facciata ad intonaco su cui si apre un bel portale marmoreo. L’interno rivestito di stucchi conserva opere di notevolissimo interesse tra le quali: nella 5 cappella sin. “Madonna delle Grazie con S. Francesco, S. Giovanni Battista e devoti” , tela della metà del secolo XV, di ambito napoletano ma con interessantissimi influssi fiamminghi; nella 2a cappella des. la tavola “Madonna di Loreto” (anonimo meridionale, inizi sec. XVI) alla quale nel 1773 furono aggiunti i pannelli laterali con i santi Bonaventura e Rosa da Viterbo (firmati da F.A. Ricco); nella 4a capp. des. “Battesimo di Cristo” di Paolo de Matteis (firmato); nel transetto des. “Assunzione della Vergine” di Giovanni Balducci (il decoratore fiorentino attivo all’Annunziata). Chiude scenograficamente la vista della navata una cantoria dorata con un organo settecentesco; l’altare maggiore è del 1761 ed è tra i più pregevoli del territorio casertano; alle spalle un ricco doppio coro ligneo in noce.

Nell’attiguo convento, cui si accede attraverso uno scenografico portale in marmi e piperno (1758), è il chiostro quadrato su pilastri, con un pozzo e il cetrangolo che la tradizione vuole sia ancora quello piantato da S. Francesco. Per un comodo scalone si accede al piano superiore: al punto di incontro delle due rampe sono visibili tre affreschi di scuola del Funaro. Al termine della scala è il grande salone, rettangolare, sul quale aprono le antiche celle. Al di sopra di ciascuna porta sono affreschi, in ricchi fastigi, raffiguranti i busti di santi, vescovi e beati francescani. Il soffitto è completamente ricoperto da un telero, realizzato nel 1756 da Giovanni Funaro, pittore nativo di S. Maria Maggiore (ora S. M. Capua Vetere), formatosi a Napoli e attivo in quegli anni a Maddaloni. Entro grandiose quadrature architettoniche, di ricercato effetto prospettico, sono tre allegorie del Trionfo della Fede e dell’Ordine Francescano sull’eresia.

Testo: Pietro Di Lorenzo