Faicchio (BN) – Chiesa dei Sette Dolori

La chiesa della “venerabile confraternita dei Sette Dolori” (nota come Santa Lucia) in Faicchio è, con la chiesa di San Giovanni di San Lorenzello, uno degli episodi meglio conservati di aula di riunione di confraternite religiose del Settecento dell’antica Terra di Lavoro. Sin dall’XI secolo la devozione popolare meditò sulle sette gioie (annunciazione, natività, adorazione dei magi, resurrezione di Gesù, Ascensione di Gesù, Pentecoste, Incoronazione di Maria in cielo) e i sette dolori (Profezia di Samuele, Fuga in Egitto, smarrimento di Gesù nel Tempo, incontro con Gesù alla salita del Calvario, Maria ai piedi della croce, deposizione di Gesù, seppellimento). Sembra che la più antica celebrazione ufficiale della festa sia stata fissata nel 1423 in Colonia. Considerata pia devozione per secoli, associata ai riti della Settimana Santa, divenne molto popolare nel corso del 1600 dando origine a diverse confraternite (la più antica delle quali sembra sia nata in Palermo nel 1590). Tollerata dai papi, ebbe definitivo riconoscimento prima con l’approvazione della messa votiva dei Servi di Mari (1668), quindi dell’autorizzazione al terza domenica di settembre (1692). La celebrazione per tradizione legata alla Quaresima (venerdì precedente la domenica delle Palme) fu riconosciuta per il solo ordine dei Serviti nel 1714 (Congregazione Sacri Riti) e nel 1727. L’estensione a tutta la Chiesa e l’inserimento nel Calendario Romano giunsero nel 1814; la data fu poi fissata al 1 settembre (1913) poi traslata al 15 settembre (1969). Già dal 1536 (sulla scorta di meditazioni del cappuccino Bonaventura da Bagnoregio) analoghe pie iniziative, molto meno sentite e diffuse, coinvolsero anche la devozione a san Giuseppe.

L’ideazione della “Venerabile confraternita dei Sette Dolori” in Faicchio e la sua concreta realizzazione si devono al can. Domenico Antonio Petrucci che già nel 1681 otteneva le prima autorizzazioni dal vicario generale, seguite l’anno dopo da quelle del priore generale dei Servi di Maria. La bolla di fondazione risale al 1719. Morto il Petrucci, l’Università proseguiì l’azione e chiese ed ottenne, nel 1727, l’assenso vescovile per l’erezione della confraternita temporaneamente nella chiesa di San Giorgio con l’intento di passare nella chiesa di Santa Lucia, allora in costruzione a spese dei cittadini ma su suolo di proprietà della collegiata. Il regio assenso fu concesso nel 1756 ma formalizzato nel 1777.

La chiesa è posta ai margini dell’abitato di Faicchio (forse per l’origine laicale e per il ruolo cimiteriale che svolse). La facciata è priva di ogni decoro ed tripartita da coppie di lesene lisce (assenti capitelli e base) che inquadrano una nicchia per lato con una conchiglia rocaille in stucco. Le nicchie avrebbero dovuto ospitare le statue di San Filippo Benizio (religioso dei Servi di Maria del XIII secolo) e San Gabriele Arcangelo (o, in sua vece, di Santa Giuliana Falconieri, anch’essa dei Servi di Maria e coeva al primo). Sull’architrave del semplice portale in pietra (forse riutilizzato) si intravvede una possibile data (1720 o 1770?). L’aula interna, rettangolare, è priva del soffitto piano originario (forse già danneggiato o perduto nel terremoto del 1805 (ma i cataloghi storici non riportano danni in Faicchio) o in uno di quelli più recenti) ed è conclusa da un abside in cui è l’unico altare. Le nicchie dell’abside (con belle cornici in stucco dorato) ospitano le statue settecentesche dell’Addolorata (di SIlvestro Iacobelli, 1756) e dell’Immacolata, e di Santa Lucia (Antonio Tafuri, 1810) e di Tobia e Gabriele e di Sant’Antonio (coeve); la statua del Cristo morto (1762) è in una teca inserita nell’altare. Non sono conservati una tela dell’Addolorata e Santa Lucia (Carlo Ferrazzano di Caiazzo, 1730) ed un Cristo morente (anonimo, prima del 1750), note dalle fonti. Tutte le pareti laterali dell’aula ospitano gli stalli lignei (di Pasquale Pece da Roccaromana, 1776) per i confratelli, tra i quali spicca per il rilievo decorativo (dorature e balaustra a forma di balcone curvilineo sporgente) quello destinato al priore e ai suoi più diretti collaboratori. In prossimità del presbiterio, al termine degli stalli posti a destra e organicamente collegato ad essi, è il pulpito anch’esso ligneo.

Le pareti soprastanti sono interamente ricoperte di dipinti, forse realizzate in due diverse fasi da artisti diversi. Il registro inferiore potrebbe essere opera di ignoto artista locale probabilmente attivo nella seconda metà del 1700 (forse anche nella vicina chiesa di San Giovanni in San Lorenzello e in San Salvatore/San Pasquale a Faicchio), ancora attardato su esiti tardobarocchi appena temperati da influssi classicisti. Mostra tre grandi quadri (polilobati) per lato, in grandi cornici a stucco dorato raffiguranti (iniziando dall’altare e procedendo in senso antiorario) i sette dolori mariani. La 4a scena (Maria e Gesù nella salita al Calvario) probabilmente in origine era collocata al centro del soffitto ed è l’unico dipinto su tela; appare oggi inserita nella bella balconata di cantoria lignea settecentesca. La tela, firmata da A. Palmieri, 1867, per ragioni stilistiche ed iconografiche, potrebbe essere o il restauro dell’originale o una sua imitazione ex novo (realizzata dopo la distruzione dell’opera settecentesca). Una importante cornice dorata (doratori furono Filippo Greco di Benevento, Felice Ayr e Saverio Cinello), sostenuta da semicolonne scanalate con capitelli compositi dorati, introduce il registro superiore di affreschi, intervallati da una grande finestra rettangolare per lato (quella sulla controfacciata fu ridotta di luce) inquadrata da modanature dipinte. Le opere furono probabilmente realizzate prima del 1727 (stando alle fonti) da un artista attivo (Giuseppe Sodi di Napoli) nella prima metà del 1700 (forse anche nella vicina chiesa dell’Ave Gratia Plena ed in Piedimonte Matese), inserito nel filone dei seguaci e imitatori (o collaboratori) di Paolo de Matteis (San Sebastiano in Guardia Sanframondi) e Tommaso Giaquinto (san Francesco in Sant’Agata de’ Goti), entrambi discepoli diretti di Luca Giordano.

Più problematica (rispetto al registro inferiore) è l’individuazione del programma iconografico del ciclo superiore che sembra ancora incentrato sulla vita della Vergine Maria ma con episodi gioiosi. Le opere sono negli spicchi dell’arco del presbiterio e in riquadri dipinti all’interno di imponenti cornici dorate dipinte sorrette ciascuna da coppie di angeli in grisaglia posti sulle pareti laterali e in controfacciata (le due scene qui collocata sono senza angeli laterali). Le scene (dall’arco in senso orario) rappresentano “Annunciazione” (lati dell’arco), “Nascita di Maria” e “Presentazione di Maria al tempio” (parete destra), “Immacolata Concezione” e “Il ritorno dalla fuga in Egitto” (controfacciata), ”Entrata di Maria nel Tempio” e “Maria assunta in cielo” (parete sinistra). L’ambiente ipogeo, anticamente accessibile dalla confraternita, e destinato al culto dei morti, ha ingresso anche dalla strada sottostante mediante un portale ottocentesco eclettico, di ispirazione neomedievale, con un arco trilobato. [Pietro Di Lorenzo; si ringrazia Eleonora Fonzo per l’esecuzione della riproduzione fotografica della fonte storica].