Caserta, Piedimonte (CE) – palazzo Orfitelli

Non si hanno documenti che attestino l’esistenza dell’edificio prima del 1862, quando risulta della famiglia Orfitelli (Vozza, 2020). Assenti nel catasto del 1655 (Spinelli, 2006), membri della famiglia Orfitelli sono noti in quello del 1749, anche se la trascrizione pubblicata riporta “Ossitelli” e li localizza a Staturano, cfr. Bascetta, 2003) e in Esperti (1773, don Tomaso, cappellano a Casolla).

L’edificio sorse in un luogo cruciale per la Caserta nel medioevo: infatti il palazzo è a margine del percorso che da Caserta (in pianura) sale verso Caserta sul colle, e si colloca nella curva che la strada compie poco prima di raggiungere in decisa pendenza l’abbazia di San Pietro ad Montes. Il restauro condotto da Pistilli e Venditto ha riscoperto una splendida casa tardogotica in una anonima casa. Le dimensioni dell’edificio e la cura dei particolari decorativi inducono ad ipotizzare una committenza con grandi possibilità economiche e con ottimo gusto. La disposizione della corte interna, aperta sul panorama della pianura e, in lontananza, del Vesuvio e del mare, sembrano supporre una casa destinata al piacere, sebbene protetta e difesa.

La planimetria originaria della casa fu probabilmente ad L, col braccio all’incirca ortogonale alla collina in direzione N-E e l’altro grossomodo ortogonale. Le strutture murarie antiche sono in blocchi di tufo sbozzati e sono state riportare alla luce dal restauro sulle facciate.

La parete esterna dell’ala lunga è delimitata da cantonali in conci di tufo perfettamente squadrati. Altri due cantonali simili sono intermedi e la delimitano in tre blocchi, quasi certamente sorti in epoche diverse difficilmente precisabili e forse solo successivamente unificati nel disegno attuale.

Il volume costruito più alto è verso il colle ed ha la struttura di una torre a pianta quadrata a tre livelli. Al piano terraneo è sorretto da imponenti arcate archiacute in tufo; il piano superiore è illuminato da una grande finestra archiacuta. Il blocco che gli si accosta, a due livelli, ha il portale a tutto sesto assimilabile come variante al tipo D capuano (Pane – Filangieri, 1994) ma senza giogo rettangolare di cornice; tipica per il gusto dell’epoca è la chiusura della ghiera ad angolo retto all’incontro coi piedritti. Al primo piano sono due finestre, archiacute. A destra del portale è una finestra quadrata, di gusto già rinascimentale. Il terzo blocco dell’ala del palazzo ha un portale archiacuto al piano terreno, con la struttura del tipo A (Pane – Filangieri, 1994) documentato a Capua ma con cornice piatta e a filo della parete invece che a rilievo. Al piano superiore è una finestra archiacuta, simile a quella della torre per dimensioni.

Le cornici delle finestre hanno modanature cilindriche che ingentilisco il profilo interno. Probabilmente, originariamente furono tutte bifore, come sembrano attestare i resti dei piedritti di appoggio dei due archi e del traforo della lunetta. La facciata verso la pianura ha un’altra grande apertura archiacuta simile alle precedenti ma stranamente collocata in modo asimmetrico tanto che la sua cornice collide con il cantonale destro.

Alla corte interna si accede mediante un atrio, con soffitto a travi in legno. La fronte verso la corte dell’atrio ha una cornice a pieno sesto, in tufo, con i piedritti poggiati su una sorta di echino rovescio sostenuto da un listello. La corte è delimitata da due scale a giorno su arcate e da un muro recente verso il giardino aperto sul panorama e sostenuto da un importante muro per livellare il salto di quota.

La scala poggiata all’ala trasversale della L probabilmente è un adattamento recente: lo dimostra la volta a botte della seconda arcata (quella a fianco di quella di ingresso) che copre parte di una stretta monofora rettangolare sguanciata, in tufo, certamente antica. Inoltre, l’aggancio della scala nella parete del corpo principale oblitera parte della cornice della finestra sinistra della sua facciata. Il grande portale in tufo immediatamente sottostante la monofora della seconda arcata è simile a quello della facciata principale ma ha l’arcata leggermente rialzata.

La facciata interna dell’ala mostra una cornice (forse una piccola porta originariamente) leggermente archiacuta ma piatta, inserita ad una quota inferiore a quella della finestra. Immediatamente alla sua sinistra, una bella bifora, priva di colonna e capitello centrale, ma completa del traforo della lunetta. Le arcate trilobate gotiche delle due aperture modellano la parte inferiore del traforo della lunetta. Al centro superiore della lunetta è un rosone in leggero rilievo che circoscrive una stella a sei punte. Nelle campiture rimaste sono scolpiti a sinistra un piccolo uccello, a destra un fiore.

La scala opposta all’ingresso sembra originaria e mostra una coppia di mensole. Forse smontava ad angolo retto verso la corte. Il blocco edilizio su cu si innesta è decisamente moderno, anche perché oblitera parte della parete del corpo di fabbrica principale della casa antica.
La parete principale della corte è ben conservata solo per il livello terraneo e per la parte sinistra dell’alzato superiore. Il portale è del tutto simile a quello incassato nella seconda arcata della scala. E’ fiancheggiato da due grandi bifore, prive di colonna, di cui restano parti importanti delle splendide decorazioni del traforo. Quella di sinistra ha perso le arcate (probabilmente trilobe ed archiacute) ma conserva nel traforo una elegante decorazione a fiori stilizzati in un quadrato. La campitura residua della lunetta reca quattro gigli di Francia. Tre gigli in rilievo compaiano anche nella decorazione della chiave di volta, sempre in tufo. La finestra destra reca un ricco traforo costituito da un quadrato centrale contornato agli spigoli da fiori (trilobi e quadrilobi) in piccoli cerchi aggettanti. La parte inferiore del traforo della lunetta mostra la coppia di arcate archiacute. Anche questo caso le superfici del traforo recano quattro piccoli gigli di Francia; la chiave di volta disegna una croce gemmata.

Finestra di straordinario interesse è quella rettangolare posta (asimmetricamente) appena sopra la bifora appena descritta. Ha le tipiche forme delle finestre rinascimentali campane di stile classico. L’architrave ha una decorazione con un girale vegetale disposto ad onda da cui si staccano palmette stilizzate, diritte e rovesce. La cornice ha i consueti tagli prima dei piedritti di base. Il piedritto di sinistra mostra un circolo in rilievo con all’interno una croce uncinata. Quello di destra mostra un quadrato polilobato (tipico del tardogotico, si vedano quelli dipinti intorno al 1371 nella cappella laterale del santuario di Casaluce, attribuiti a Niccolò di Tommaso). Al centro del quadrato sembra esser scolpito un sole raggiante. Il profilo mediano della cornice della finestra è costituita da una decorazione con fusarole a cappelletto che incastrano perline ovali. Per questa finestra e per l’altra rettangolare esterna la datazione può essere individuata nel trentennio 1470 – 1500. Le grandi finestre (già bifore) gotiche potrebbero datarsi tra il 1370 e il 1430. Le cornici di tutti i portali e di tutte le finestre sono in tufo.

Nei lavori di restauro sono emersi frammenti ceramici medievali. I più antichi sono decorati a circoli rossi, con esiti simili a quelli noti a Cava de’ Tirreni (Museo dell’abbazia, datati sec 13-14°), e con la croce potenziata dipinta sul fondo interno (anch’essa tipica del Trecento, si vedano gli esempi ritrovati ad Ariano Irpino, Busino, 2011).

Oscure restano committenza e datazione. La presenza dei gigli ricorda la ghiera dell’arco acuto di ingresso a palazzo Fieramosca in Capua (Parente, 1915; Di Resta, 1970) riferita a Ludovico d’Angiò – Durazzo (padre di Carlo III) che soggiornò in quel palazzo dal 1336 al 1354. Ancora Di Resta (1985) conferma la nascita nel 1345 del futuro re Carlo III Angiò-Durazzo nel palazzo capuano, sebbene la proposta non sia stata accolta in alcuna biografia del sovrano. La presenza dei gigli non esclude una committenza diretta degli Angiò-Durazzo per la nostra casa palaziata: infatti, nel medioevo fu prassi non appropriarsi indebitamente di un emblema familiare, ancor più se della famiglia regnante (Pastoureau, 2009). Ma la sola presenza del giglio di Francia non è sufficiente ad individuare con certezza la famiglia: infatti, il giglio fu tra gli emblemi più diffusi nel medioevo e non fu appannaggio esclusivo degli Angiò. La croce gemmata della chiave di volta della bifora offre una possibile alternativa per la committenza inducendo a legare casa Orfitelli alla vicina abbazia di San Pietro ad Montes. Ma l’elenco degli abati ad oggi noti (Tescione, 1987) non offre indizi a favore. La presenza della finestra rinascimentale di stile classico potrebbe essere un riverbero della presenza (documentata dal 1483 al 1487, cfr. Tescione, 1987) dell’abate commendatario Giovanni Albino, importante umanista e consigliere di Alfonso d’Aragona (allora duca di Calabria poi re come Alfonso I) e del suo illustre ospite.

Testo e fotografie (tranne quella aerea): Pietro Di Lorenzo, giugno 2020 (revisione 2021).
Foto aerea: Dario Alifano, febbraio 2021.